Quando parliamo di Serial Killer, lo facciamo focalizzando la nostra attenzione su un soggetto che possiede un vero interesse morboso per la morte. Questo fenomeno prende il nome di necromania.
Questo termine è stato utilizzato spesso insieme alla necrofilia, che indica una perversione sessuale (parafilia) dell’omicida, e consiste nel provare attrazione sessuale o nel compiere atti sessuali nei confronti di un cadavere. La necromania, invece, è un termine utilizzato per indicare il vero e proprio rapporto diretto di un soggetto con la morte. Il Serial Killer, appunto, prova una sorta di pulsione irrefrenabile, un istinto che si tramuta in un vero e proprio comportamento deviante.
Secondo il Dottor Paolo De Pasquali, medico psichiatra, psicoterapeuta e criminologo, il Serial Killer è affetto da necro (morte), mania (interesse morboso), ossia prova una forte propensione verso l’idea di compiere l’azione omicida. Il cadavere rappresenta l’oggetto della sua idea( di morte), mentre la compulsione verrà rappresentata dall’azione, ossia l’uccisione vera e propria.
Il criminologo ha inoltre illustrato nel suo libro “Serial Killer in Italia”, edito da Franco Angeli, le fasi del “godimento” provato dall’omicida seriale:
- La prima fase del necromane consiste nell’uccidere: il piacere sfocia nella modalità con cui si provoca la morte di un soggetto;
- La seconda fase riguarda il rapporto dell’omicida con il cadavere: spaziando dall’atto sessuale alle varie manipolazioni del corpo, ormai privo di vita.
“Il necromane uccide per avvicinarsi alla morte, per incarnarla mediante l’omicidio ed il rapporto con il cadavere. L’elemento psicopatologico relativo al meccanismo compulsivo, sempre attivo nel Serial Killer, ci da ragione della serialità delle loro azioni omicidiarie”.
Abbiamo già parlato del comportamento tipico del Serial Killer in articoli precedenti, classificando tali soggetti come coloro che uccidono in modo compulsivo e ripetuto nel tempo.
Ma la domanda sorge spontanea: perché i Serial Killer uccidono più volte?
Provate ad immaginare un soggetto che, per un periodo indefinito di tempo, prova una serie di fantasie perverse. Ora, il suo desiderio di uccidere qualcuno diventa sempre più forte e resistere a questa tentazione sembra quasi impossibile . Alla fine compie il suo primo omicidio, che farà scattare in lui tutta una serie di emozioni: un mix di euforia ed eccitazione, un insieme di sensazioni che fino a poco tempo prima aveva solo nella sua testa si sono realizzate. Cosa provocherà in lui tutto questo? Sicuramente la voglia di riprovarci! Ed ecco che scatta il meccanismo di dipendenza: il serial killer non riesce più a farne a meno e continuerà ad uccidere fino a quando ne avrà la possibilità.
Il necromane è più incline a ripetere l’esperienza omicidiaria ad intervalli più brevi rispetto agli altri serial killler, questo perché il suo rapporto con la morte è sempre più intimo.
Gli esperti descrivono il serial killer necromane come un soggetto fortemente disturbato, la sua infanzia è caratterizzata da solitudine e freddezza, mentre nella fase adolescenziale avrà molta difficoltà ad instaurare un rapporto sentimentale con un altro soggetto. La sola idea di avere un rapporto sessuale con una persona vivente lo mette in agitazione, per questo motivo cerca di instaurare un rapporto con i cadaveri: solitamente inizia a sviluppare una sorta di interesse nei confronti di animali morti, per poi passare a quelli umani.
“Egli esiste solo attraverso la morte altrui, da cui, paradossalmente, trae linfa vitale che riempie il suo vuoto esistenziale. La morte gli da un senso di appagamento, di calma, di rassicurazione, al di fuori di confronti interpersonali che non è in grado di tollerare”.
In poche parole, riesce a rapportarsi con un altro soggetto solo quando questo è inerte, quando l’altro non può interagire, ma è il necromane a condurre il gioco. Il cadavere diventa il suo oggetto dei desideri sessuali e si trasforma in una vera e propria droga, a cui sarà difficile resistere.
Gli esempi di serial killer necromani e necrofili sono davvero molti: dal mostro di Londra, Dennis Nilsen, al mostro di Milwaukee, Jeffrey Dahmer, dal caso di Kenneth Douglas a quello di una donna di nome Jenny Brown.
Insomma, la necromania esiste davvero e, se associata ad altri tipi di disturbi, può rappresentare il vero fulcro da cui scaturisce l’omicidio. Dalle argomentazioni psicodinamiche svolte dal Dottor De Pasquali, risulta rilevante questo elemento:
“I serial killer sono affetti da un disturbo necromatico, ossia dalla perversione dell’istinto della vita che determina un’attrazione patologica per la morte, esercitata mediante il dare la morte ed il successivo prolungato contatto col cadavere. Il bisogno di rapporto diretto con la morte è compulsivo ed induce il soggetto ad uccidere ripetutamente”.
Silvia Morreale